Spazi confinati: tra certificazione dei contratti di lavoro e mancanza di definizioni chiare l’unica cosa certa è che ad oggi nulla è cambiato rispetto al passato!

da | 11 Marzo 2024 | 1 commento

AUTORE
Ing. Alessandro Delena,  RSPP esterno, Coordinatore per la Sicurezza nei cantieri temporanei e mobili, Formatore e CTP. Socio fondatore dell’Azienda SicurOtto S.r.l.

INCIPIT

Due recenti note dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro hanno riportato in auge la questione delle certificazioni dei contratti di lavoro per le attività negli ambienti sospetti di inquinamento o confinati di cui al D.P.R. 177/2011. Ma è davvero questa la problematica principale del settore degli “spazi confinati”?

D.P.R. 177/2011 E CERTIFICAZIONE DEI CONTRATTI: LE NOTE DELL’INL

Innanzitutto è doveroso fare una premessa rispetto all’obbligo di certificazione dei contratti quando si parla di ambienti sospetti di inquinamento o confinati: Il d.P.R. 177 del 14 settembre 2011 è stato emanato quale “regolamento recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, a norma dell’articolo 6, comma 8, lettera g), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81”. L’articolo 6, comma 8, lettera g), del d.lgs. 81/2008 è relativo ai criteri finalizzati alla definizione del sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi di cui all’articolo 27 del medesimo decreto. In sostanza si parla di verifica di idoneità professionale necessaria per operare in sicurezza nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati. Tale processo di verifica di idoneità deve tenere in considerazione la specifica esperienza, competenza e conoscenza delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti all’interno dei suddetti ambienti. Inoltre è anche necessario rispettare determinati standard contrattuali e organizzativi nell’impiego della manodopera, anche in relazione agli appalti e alle tipologie di lavoro flessibile, certificati ai sensi del titolo VIII, capo I, del d.lgs. 276/2003.

L’attenzione agli standard contrattuali e la certificazione dei contratti rappresentano quindi tematiche introdotte dal legislatore ben prima del 2011 e non solo ed esclusivamente per il settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati, risulta perciò di primaria importanza che su tali aspetti non vi siano dubbi o punti poco chiari, anche in ottica di futuri sistemi di qualificazione delle imprese relativi ad altri settori (in sostanza sarebbe meglio evitare di creare “precedenti” interpretativi).

Relativamente agli standard contrattuali il d.P.R. 177/2011 prevede che qualsiasi attività lavorativa nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati possa essere svolta unicamente da imprese o lavoratori autonomi che possano garantire una presenza di personale, in percentuale non inferiore al 30% della forza lavoro, con esperienza almeno triennale relativa a lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, assunta con contratto di lavoro

subordinato a tempo indeterminato ovvero anche con altre tipologie contrattuali o di appalto, a condizione CHE, in questa seconda ipotesi, i relativi contratti siano stati preventivamente certificati ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del d.lgs. 276/2003.

Questo passaggio, riportato nell’art. 2 c. 1 lett. c) del d.P.R. 177/2011, già chiarisce ab origine che è necessario distinguere quelli che sono i contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato da tutti gli altri ammissibili, fossero anche di appalto.  Allo stesso tempo esplicita che non siano i contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato a dover essere certificati.

Su tale aspetto le cose sembravano essere chiare sin da subito e non davano adito a dubbi di sorta tra gli addetti ai lavori, questo almeno fino al 24 gennaio di quest’anno, quando l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha emanato una nota (nota prot. 694 del 24/01/2024) in cui si leggeva “[…] nel caso in cui l’impiego del personale in questione avvenga in forza di un contratto di appalto, occorrerà certificare i relativi contratti di lavoro del personale utilizzato dall’appaltatore – ancorché siano contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato – ma non certificare anche il contratto “commerciale” di appalto”. Al di là del rispetto della gerarchia delle fonti del Diritto, secondo la quale è chiaro che una nota non può contrastare/modificare quanto riportato in un d.P.R., e di quanto indicato dall’art. 12 delle Preleggi, secondo il quale “nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore”, è chiaro che una nota di una Istituzione autorevole nel settore come lo è l’Ispettorato Nazionale del Lavoro abbia suscitato più di una perplessità tra gli addetti ai lavori.

Fortunatamente tale perplessità non è durata molto, perché a distanza di circa un mese e mezzo lo stesso Ispettorato Nazionale del Lavoro ha emanato una ulteriore nota (nota prot. 1937 del 07/03/2024) in cui si chiariva che quanto riportato nella precedente nota 694 fosse una sorta di proposta di modifica al d.P.R. 177/2011 e che in ogni caso alla legge debba essere appunto data interpretazione letterale e cioè che la certificazione dei contratti di lavoro riguarda esclusivamente i contratti di lavoro “atipici” e comunque non I contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Per quanto mi riguarda, potendomi esprimere a titolo esclusivamente personale, apprezzo molto questo intervento dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro e trovo che questa seconda nota abbia una connotazione positiva, non solo perché chiarisce un passaggio di una nota precedente, spiegando quale fosse il reale intento dell’Istituto stesso, ma perché denota un atteggiamento propositivo e aperto al dialogo dell’Istituto stesso che non si trincera sulla posizione iniziale assunta.

Nel d.P.R. 177/2011 vi è anche un altro richiamo alla certificazione dei contratti, in quanto il secondo comma dell’articolo 2 riporta che “[…] non è ammesso il ricorso a subappalti, se non autorizzati espressamente dal datore di lavoro committente e certificati ai sensi del Titolo VIII,

Capo I, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni e integrazioni”. In sostanza il legislatore esplicita in maniera piuttosto chiara che debbano essere i subappalti ad essere certificati e non gli appalti. Ho scritto la parola “piuttosto” anziché “abbastanza” perché in realtà in passato c’è stato comunque chi sosteneva che la certificazione dovesse riguardare anche gli appalti oltre che i subappalti, pur non trovando tale posizione riscontro nel testo di legge. Relativamente a questo aspetto l’INL rimarcava già dalla nota di gennaio la non obbligatorietà di certificazione dei contratti di appalto, mettendo quindi (si spera) la parola fine anche a questa storia con il seguente passaggio: “Se dunque l’intento del legislatore era quello di rendere obbligatoria la certificazione dei contratti di lavoro in tutte le ipotesi di esternalizzazione dell’attività produttiva – ivi compresi i contratti di appalto e non solo di subappalto – lo avrebbe previsto in maniera esplicita.”.

In definitiva, dopo oltre 10 anni dalla emanazione del d.P.R. 177/2021, dovrebbe essere chiaro a tutti che la certificazione dei contratti, nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati, debba riguarda esclusivamente 2 casi:

– i contratti “atipici” (leggasi contratti diversi da quello di lavoro subordinato a tempo indeterminato);

– i subappalti.

LA NORMATIVA ATTUALE E LA MANCANZA DI UNA DEFINIZIONE CHIARA DI “SPAZIO CONFINATO”

Al di là di quanto su esposto, qual è la situazione attuale? Il d.P.R. 177/2011 è vigente, disciplinando le regole relative ai requisiti essenziali per accedere e svolgere attività degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati. È bastato definire queste poche regole di stampo generale per risolvere la delicata problematica degli “spazi confinati”? A quanto sembra no, visto che nei 10 anni successivi all’emanazione del d.P.R. si è continuato a morire in questi spazi, con una media di circa 4 morti all’anno. Tra l’altro obiettivo del decreto era definire regole per la qualificazione degli accedenti e non andava ad aggiungere nulla di concreto rispetto all’apparato normativo esistente, costituito dagli articoli 66 e 121 e dal punto 3 dell’allegato IV del d.lgs. 81/2008. Se poi pensiamo che questi passaggi normativi riprendono ciò che era già previsto dai decreti di metà anni ’50, d.P.R. 547/1955 e d.P.R. n.164/1956 su tutti, appare chiaro che passi sostanziali in avanti non ne abbiamo fatti e di certo non ci si può aspettare risultati diversi se si continua a riproporre le stesse soluzioni al problema.

Eppure, ancor prima della emanazione del d.P.R. 177/2011, il Ministero del Lavoro (circolare 42 del 09/12/2010) aveva rilevato la necessità di fornire indicazioni “operative” che consentissero agli operatori di porre una maggiore attenzione nell’applicazione degli obblighi normativi, sottolineando come tali eventi infortunistici fossero tipicamente dettati dal mancato controllo e ad un’analitica verifica dell’atmosfera presente in tali ambienti di lavoro, riconducibile ad una assente o carente valutazione dei rischi. Ulteriore causa veniva identificata nella mancata adozione delle misure di prevenzione e protezione collettiva e individuale unita ad una carente formazione/informazione dei lavoratori oltre che ad una insufficiente gestione dell’emergenza.  Il d.P.R. 177/2011 ha toccato solo marginalmente questi temi e non in maniera incisiva, così che ad oggi quelle indicazioni operative, chiare ed accessibili a tutti, o sono presenti in maniera insufficiente o mancano del tutto. Basti pensare che attualmente in Italia, a differenza di quanto avviene nella maggior parte delle altre nazioni industrialmente sviluppate, manca ancora una definizione chiara ed univoca di “di spazio confinato” (il “confined space” del resto del mondo) rimandando per la definizione di tali ambienti ai su citati articoli 66 e 12 1 e punto 3 dell’allegato IV del d.lgs. 81/2008, dove troviamo elenchi canonici e non esaustivi di ambienti seguiti da un “e simili” che, unitamente alla fantasia di matrice italica, ha in alcuni casi ampliato di molto questi stessi elenchi, tanto che c’è chi è arrivato a considerare “spazi confinati” (in sostanza dove applicare il d.P.R. 177/2011) lastrici solari, quindi ambienti a cielo aperto, dove erano presenti dislivelli non protetti tra un lastrico e l’altro, ma anche impalcati di ponteggi, gallerie con diametri tali da consentire agevole accesso anche a mezzi di trasporto, ecc…

Come conseguenza di tale confusione e mancanza di indicazioni si è avuto che molti, parlando di spazi confinati, si sono concentrati quasi esclusivamente sugli aspetti emergenziali, di sicuro importanti e fondamentali, che però da soli non possono scongiurare l’evento infortunistico grave tipico di questi ambienti.

C’è ovviamente da specificare che le medie e grandi organizzazioni, maggiormente provviste di risorse e mezzi, difficilmente rientrano in questa fattispecie, potendo contare tu professionalità preparate e servizi di prevenzione e protezione strutturati ed organizzati e che possono meglio sopperire a tale carenza. Se però le medie e grandi organizzazioni possono attenzionare meglio queste problematiche, restano maggiormente esposte le piccole imprese per le quali è difficile pensare alla conoscenza ed applicazione, ad esempio, degli standard Osha o all’applicazione di procedure di pari efficacia ed è proprio presso le piccole imprese che si verifica la maggior parte degli infortuni legati agli “spazi confinati”.

Appare in definitiva essenziale colmare questo vuoto normativo, partendo dal dare definizioni e regole operative chiare ed applicabili a tutti i livelli.

LA PROPOSTA DI MODIFICA DEL D.LGS. 81/2008 DA PARTE DI AIAS – ASSOCIAZIONE ITALIANA AMBIENTE E SICUREZZA

Per superare questa stasi normativa AIAS – ASSOCIAZIONE ITALIANA AMBIENTE E SICUREZZA, di cui io e gli altri soci della SicurOtto s.r.l. facciamo parte, ha proposto una modifica direttamente del d.lgs. 81/2008, attraverso l’emanazione nel 2023 di un documento di indirizzo associativo (DIA) predisposto dal Gruppo Tecnico Specialistico: SPAZI CONFINATI. Il documento, rivolto ai soci AIAS ma anche agli organismi legislativi e di governo nazionali perché ne recepiscano i contenuti modificando il testo di legge attuale, punta ad un introdurre un apposito Titolo dedicato agli “spazi confinati”: Titolo XI-bis “Spazi confinati”.

Pertanto l’Associazione ha ritenuto opportuno formalizzare una proposta di profonda rivisitazione delle norme di legge vigenti in materia di prevenzione e protezione dai rischi per i lavori negli ambienti sospetti d’inquinamento o confinati, tenendo conto delle migliori pratiche oggi disponibili.

Tale proposta di modifica al d.lgs. 81/2008 è stata articolata introducendo uno specifico Titolo riguardante gli “Spazi Confinati” esplicitante:

  • il campo di applicazione dello stesso Titolo e del d.P.R. 177/2011 (la proposta include anche la relativa e necessaria modifica al d.P.R. 177/2011)
  • definizioni chiare con parametri tecnici misurabili ed oggettivi;
  • contenuti minimi della Procedura per l’esecuzione dei lavori entro gli Spazi Confinati e del Permesso di Lavoro
  • contenuti minimi per i corsi di formazione ed addestramento, nonché dei relativi contentui e periodicità per l’aggiornamento.

Tale proposta ha quindi la finalità di avere, quantomeno, un quadro regolatorio il più chiaro e trasparente possibile su cui fondare progetti di sensibilizzazione per tutti gli operatori economici chiamati ad intervenire all’interno degli Spazi Confinati, eliminando gli attuali elementi di confusione sui criteri di organizzazione ed esecuzione dei lavori, essendo ormai chiaro a tutti gli addetti del settore che ad oggi è la mancata organizzazione e pianificazione dell’attività che troppo spesso sfocia in una vera e propria improvvisazione nell’esecuzione della stessa e negli interventi in caso d’emergenza, con le tristi e nefaste conseguenze che tutti noi purtroppo conosciamo.

Per chi volesse approfondire i contenuti della proposta di AIAS:

https://www.aias-sicurezza.it/dia-n-02-2023-proposta-di-modifica-del-d-lgs-09-04-08-n-81-inserimento-di-apposito-titolo-per-spazi-confinati-abrogazione-art-66-modifica-art-121-e-p-3-dell-allegato-iv-modifica-del-d-p-r-177-2011/s7f14714c

Ing. Alessandro Delena

1 commento

  1. Giovanni RAFFAELE

    Ottima disamina.

    Rispondi

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