L’integrazione della sicurezza nella fase di progettazione delle opere e ruolo del CSP

da | 12 Febbraio 2024 | 0 commenti


AUTORE
Ing. Giorgio Gallo, HSE Senior Specialist, RSPP esterno, Coordinatore per la Sicurezza nei cantieri temporanei e mobili, Formatore e CTP. Amministratore dell’Azienda SicurOtto S.r.l.

INCIPIT/ABSTRACT

La progettazione di un’opera non può essere scollegata ed autonoma rispetto al processo decisionale delle misure minime di sicurezza da garantire per la sua realizzazione. L’articolo si propone di evidenziare le criticità esistenti e la necessità, prima ancora che l’obbligo, che le scelte di progetto e le scelte di sicurezza siano attuate in unicum e non distinte in fasi differenti.

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Un progetto che integra la sicurezza?

Nella mia personale attività professionale, nata nel 2006 quando era ancora in vigore il D.Lgs.494/96, mi sono trovato molto spesso a ricevere (all’inizio della mia carriera, a sentire di) proposte di incarico di Coordinatore per la sicurezza in Fase di Progettazione (per semplicità espositiva, a seguire CSP) pochi giorni prima che il cantiere iniziasse; e non nascondo che in diversi casi addirittura a cantiere già avviato. Mi riferisco evidentemente a cantieri privati, in quanto per l’ambito pubblico dinamiche di questo genere, grazie alle procedure applicative dei vari codici degli appalti, non erano e non sono tutt’oggi “teoricamente” ipotizzabili, sebbene potrei annoverare tra le mie esperienze di CSP anche alcune “applicazioni apocrife” in tale ambito. E poiché ho modo di confrontarmi con tantissimi colleghi del settore, sono assolutamente sicuro di aver suscitato più di un deja-vou tra i lettori, in relazione a tali tipologie di proposte.

Questo articolo non vuole entrare nel merito dell’opportunità o meno di accettare un incarico di CSP a progetto finito e non vuole affrontare la questione dal punto di vista “deontologico”, temi comunque assolutamente degni di essere affrontati in modo approfondito (perché una parte del problema è sicuramente interno a tali questioni), ma intende evidenziare le criticità principali che ruotano intorno al ruolo effettivo del Coordinatore in fase di Progettazione, che purtroppo ancora oggi non sembra così chiaro sia a moltissimi committenti (privati e pubblici) che responsabili dei lavori e progettisti. Tale incomprensione porta spesso a snaturare il ruolo del Coordinatore, che invece è proprio nella fase di progettazione che, al di là degli obblighi (come vedremo), può rappresentare il soggetto fondamentale affinché le scelte tecniche e progettuali, a carico del progettista, vengano assunte con la logica della massima prevenzione possibile prima ancora che la prima pietra venga mossa o il primo picchetto venga posato. Stiamo parlando quindi di una sicurezza integrata nella progettazione, o se vogliamo, una progettazione che integra la sicurezza sul lavoro.

A tal proposito, mi piace citare il seguente passaggio tratto dalla Health and Safety Guidancedel sito governativo UK sulla materia della sicurezza sul lavoro (https://www.hse.gov.uk/guidance/index.htm):

I progettisti possono e devono giocare un ruolo chiave per ridurre i rischi che possono presentarsi durante la realizzazione, utilizzo e/o manutenzione degli ambienti di lavoro. Durante le diverse fasi progettuali, i progettisti possono dare un contributo significativo nell’identificare ed eliminare i pericoli o quando non sia possibile eliminarli, riducendo significativamente il rischio.”

Il punto ritengo che sia esattamente questo: in generale, la corretta e ponderata gestione dei rischi tecnici e professionali è più efficace ed anche “più economica” (leggasi, anche più razionale) se risulta effettivamente integrata a monte di tutto il processo di definizione e di messa a punto di un progetto di una struttura, edificio, impianto o attrezzatura. Invece, anche per colpa di una profonda mancanza di una certa cultura della sicurezza a qualsiasi livello di processo realizzativo di un’opera, spesso assistiamo a dinamiche per le quali un progetto è “pensato” (da qualsiasi sua fase) esclusivamente per i suoi aspetti architettonici, tecnologici ed economici, destinando poi l’alveo della prevenzione e salute, ovvero l’insieme delle modalità concretamente utilizzabili per la realizzazione in sicurezza di quanto concettualmente partorito dal progettista e richiesto dal committente, ad una “fase” totalmente separata, come se esistesse e fosse lecito immaginare la sicurezza sul lavoro come un binario parallelo al progetto, confinato a margine alle richieste puramente normative del legislatore che “in qualche modo vanno assecondate”. E purtroppo, ancora oggi, specialmente nell’ambito della cantieristica privata, tale visione della sicurezza come “fase parallela e confinata”, risulta spesso proprio saltata a piè pari, finanche per gli aspetti puramente formali (che in ogni caso, da soli, non servono perfettamente a nulla, se non ad incrementare il tasso di disboscamento per inutile utilizzo di carta).

Al di là di non rispettare il dettato normativo, come appresso vedremo, quali sono le conseguenze di una visione “scorporata” della sicurezza all’interno di un progetto? A seguire alcuni possibili elementi di criticità tra quelli che ritengo più evidenti, che per esperienza personale, per quanto aneddotica e non statistica, trovano comunque riscontro piuttosto diffuso nelle varie interlocuzioni con colleghi che operano come coordinatori in cantieri anche complessi:

  • Le soluzioni adottate dal progettista, potrebbero non essere concretamente realizzabili nel contesto ambientale del cantiere (es.: tetto a falde progettato con travi di lunghezza tale da non essere movimentabili con una gru a causa delle geometrie presenti nell’intorno, oppure non trasportabili a causa della lunghezza delle travi rispetto ai raggi di curvatura della strada di accesso al compendio)
  • Il cronoprogramma di lavoro stilato nella fase di progettazione potrebbe non essere rispettato a causa di sovrapposizioni o interferenze operative (es.: una fase di demolizione immaginata contemporanea ad un’altra fase di lavoro, oppure quantitativi di materiali di risulta da scavi giornalieri superiori rispetto alle aree di stoccaggio previste considerando la presenza di altre lavorazioni, la logistica di cantiere e le tempistiche per la caratterizzazione e successiva destinazione a rifiuto)
  • Difficoltà realizzative di alcune fasi lavorative per mancata valutazione (o sottostima) delle interferenze già presenti nelle aree di lavoro (es: una linea elettrica aerea al di sopra di un’area dove sono state previste attività di movimentazione e sollevamento materiali, oppure sottoservizi interrati dove sono stati previsti scavi e movimento di terreni)
  • Assenza di una visione di insieme e organica delle possibili problematiche di sicurezza in cantiere durante la realizzazione del progetto, con esposizioni indebite a rischi lavorativi da interferenza (es: esposizioni a polveri durante realizzazione di scavi, tra diverse aree di lavoro in cantiere) o rischi derivanti dal contesto ambientale (es.: rischi già esistenti all’intero di uno stabilimento oggetto di lavori edili e di ingegneria civile) o rischi trasmessi dall’esterno del cantiere (es.: presenza di traffico veicolare limitrofo all’area di cantiere) o ancora rischi che dall’interno del cantiere possono trasferirsi all’esterno dello stesso (es.: rischi derivanti da una demolizione di un opificio confinante con altro edificio non oggetto di lavori)

Tale elenco non è assolutamente esaustivo, ma serve a stimolare un ragionamento che è tanto scontato quanto ignorato: spostando le problematiche esclusivamente alle fasi successive di realizzazione, ovvero quando oramai tutte le decisioni sono state prese ed il quadro economico dell’opera oramai validato, le possibilità di poter concretamente intervenire per una risoluzione è pressocché nulla e confinata solo su aspetti organizzativi oltre ad essere quasi totalmente rimessa alla capacità delle imprese di saperle individuare.

Anche ove un committente riesca a “ravvedersi” e incaricare il CSP dopo che il progetto è stato approvato, le possibilità di intervento risulterebbero minime se allo stesso professionista non fosse data alcuna possibilità di rimettere in discussione (ed esaminare rispetto al contesto di cantiere) le scelte progettuali ed architettoniche intraprese tra progettista e committente. Di fatti, il più delle volte, il professionista che accetta l’incarico di CSP in tali scenari, si limita a svolgere un “non lavoro” di coordinamento, che se va bene, lo costringerà a barcamenarsi per cercare soluzioni spesso solo procedurali, non potendo chiedere di rivedere (e a volte ove necessario, chiedere di stravolgere) alcun elemento del progetto tecnico e/o economico; nel mentre se va male (leggasi, nella stragrande maggioranza dei casi!), il CSP proporrà un documento che accontenterà esclusivamente l’esigenza “oftalmica” del rispetto della normativa e dei suoi obblighi, ma la cui utilità concreta sarà pari a zero.

Lo sforzo pertanto che occorrerebbe fare, a tutti i livelli della progettazione, è comprendere che ogni tipo di opera richiede a monte di interrogarsi su tutti i bisogni costruttivi e di benessere sul lavoro durante la sua costruzione e questo sempre prima di pensare ad una sua trasposizione in pratica. Questo serve, appunto, come sopra evidenziato, per consentire di avere una visione completa da cui immaginare una effettiva esecutività dell’opera. In altri termini, un progetto per essere considerato eseguibile, deve sempre contenere al suo interno una concreta e non solo formale esaustività anche per gli aspetti di organizzazione in sicurezza delle lavorazioni, costruita contestualmente alle scelte prese dal progettista, considerando anche gli interventi futuri che presto o tardi si renderanno naturalmente necessari (interventi manutentivi e di conservazione dell’opera).

Chiaramente, al di là del lato “filosofico” della faccenda, la normativa applicabile converge esattamente su quanto sopra scritto.

Figura 1Ciclo concettuale con le macrofasi per la realizzazione di un’opera e il suo mantenimento

Nell’alveo del D.Lgs.81/08 Titolo I, quindi nella realizzazione di luoghi e posti di lavoro, corre obbligo di ricordare che il progettista ha una precisa responsabilità sul tema, a norma di quanto indicato all’art.22

“1. I progettisti dei luoghi e dei posti di lavoro e degli impianti rispettano i principi generali di prevenzione in materia di salute e sicurezza sul lavoro al momento delle scelte progettuali e tecniche e scelgono attrezzature, componenti e dispositivi di protezione rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari in materia.”

Analoghi normativi ci sono per i fabbricanti e fornitori (art.23) e gli installatori (art.24). Ed è un preciso obbligo dei datori di lavoro e dei dirigenti (art.18 comma 3-bis) vigilare in ordine agli adempimenti di tali soggetti, fermo restando l’esclusiva responsabilità degli stessi qualora la mancata attuazione sia attribuibile unicamente al loro operato (potremmo quindi parlare di rischio occulto, non a carico evidentemente del datore di lavoro). E sempre nell’ambito del Titolo I per i luoghi di lavoro, il D.Lgs.81/08 in moltissimi punti riporta l’obbligo di una progettazione preventiva finalizzata ad effettuare le dovute scelte con finalità prevenzionali (anche in tal caso, è spontaneo dire che tali finalità dovrebbero essere –in re ipsa- lapalissiane!). Alcuni esempi:

  • Allegato IV – Luoghi di lavoro: che riporta un insieme di criteri qualitativi e (in alcuni casi) quantitativi sui requisiti minimi da garantire affinché un ambiente possa essere definito luogo di lavoro (pertanto, la realizzazione di un luogo di lavoro non può prescindere da tali elementi)
  • Art.168 comma 2 – Movimentazione manuale dei carichi: qualora non sia possibile evitare la movimentazione, il datore di lavoro organizza i posti di lavoro e valuta se possibile anche in fase di progettazione le condizioni di sicurezza
  • Art.192 comma 1 – Esposizione a rumore: il datore di lavoro elimina i rischi alla fonte o li riduce al minimo mediante la scelta di attrezzature di lavoro adeguate e tramite la progettazione della struttura dei luoghi e dei posti di lavoro
  • Art.203 comma 1 – Esposizione a vibrazioni: il datore di lavoro elabora ed applica un programma di misure tecniche ed organizzative ove siano superati i lavori di azione considerando la scelta di attrezzature di lavoro adeguate e tramite la progettazione e l’organizzazione dei luoghi e dei posti di lavoro
  • Art.210 comma 1 – Esposizione a campi elettromagnetici: qualora risulti che i valori di azione sono superati, il datore di lavoro, a meno che la valutazione effettuata dimostri che i valori limite di esposizione non sono superati e che possono essere esclusi rischi relativi alla sicurezza, elabora ed applica un programma d’azione che comprenda misure tecniche e organizzative intese a prevenire esposizioni superiori ai valori limite di esposizione, tenendo conto in particolare della scelta di attrezzature di lavoro adeguate e tramite la progettazione e l’organizzazione dei luoghi e dei posti di lavoro

Continuando, ulteriori analoghi sono presenti per l’esposizione ad agenti chimici, la protezione contro le esplosioni, i videoterminali, ecc. Risulta quindi palese la fondamentale integrazione della sicurezza nella progettazione di un luogo di lavoro da intendersi quale luogo statico governato da specifiche norme prevenzionali, ma più in generale, quando un’opera presuppone l’apertura di un cantiere temporaneo e mobile, indipendentemente dal fatto che la stessa opera riguardi o meno la realizzazione di un luogo di lavoro, lo stesso scenario temporaneo e mobile necessario al processo di costruzione dovrà presupporre l’integrazione della sicurezza nella sua progettazione a norma del Titolo IV del D.Lgs.81/08.

L’integrazione della sicurezza nella progettazione secondo il Titolo IV del D.Lgs.81/08

Quanto fino ad esso esaminato, vuole in sostanza evidenziare uno dei principali problemi ancora aperti sul tema della sicurezza in cantiere, ovvero la mancata delineazione ad oggi di tutti quei presupposti affinché la sicurezza sul lavoro sia concretamente e fattivamente integrata nel progetto di un’opera. Risulta evidente purtroppo che tale disallineamento non potrà essere colmato se:

  • Non si hanno chiari i problemi interpretativi e applicativi della normativa vigente
  • Non si provvede a riallineare in modo coerente la normativa italiana con quanto chiesto dal legislatore europeo
  • Non si provvede affinché, contrariamente a quanto accade, si dia finalmente centralità nel ruolo del coordinatore, il quale dovrà essere reale attuatore del coordinamento organizzativo in luogo di un ruolo oggi troppo spostato su aspetti burocratici di verifica e controllo
  • Non si provvede affinché nelle tipologie di cantieri privati e comunque di piccola entità si consenta una razionale e semplificata gestione delle attività, delineando pochi soggetti ma chiari alla committenza (quasi sempre totalmente a digiuno da ogni conoscenza in materia)

Questi passaggi vanno risolti definendo, anche con interventi di miglioramento normativo, i seguenti punti:

  • Il significato di integrazione della sicurezza, fin dal concepimento dell’opera
  • Le tempistiche e modalità di coinvolgimento anche degli altri attori del processo costruttivo che non sono nemmeno citati nel Titolo IV del D.Lgs.81/08, per esempio il progettista e il direttore dei lavori (se non marginalmente in ambito pubblico ex art. 90 c. 1-bis)
  • I rapporti e modalità operative tra Coordinatore in Fase di Progettazione (ed Esecuzione) e gli altri attori come il progettista ed il Direttori dei lavori
  • Il reale scopo e finalità del Piano di Sicurezza e Coordinamento, rispetto al progetto complessivo dell’opera.

D’altronde passando al setaccio gli obiettivi della Direttiva Europea 92/57/CEE ispiratrice della nostra normativa in materia di cantieri temporanei e mobili, risulta piuttosto chiaro che la sicurezza è stata sempre intesa come integrazione al progetto dell’opera. Di fatti, ecco alcuni “considerando” della predetta direttiva:

  • considerando che le scelte architettoniche e/o organizzative non adeguate o una carente pianificazione dei lavori all’atto della progettazione dell’opera hanno influito su più della metà degli infortuni del lavoro nei cantieri nella Comunità;
  • considerando che, all’atto della realizzazione di un’opera, una carenza di coordinamento in particolare dovuta alla presenza simultanea o successiva di imprese differenti su uno stesso cantiere temporaneo o mobile può comportare un numero elevato di infortuni sul lavoro;
  • considerando che risulta pertanto necessario un rafforzamento del coordinamento fra i vari operatori fin dall’elaborazione del progetto e altresì all’atto della realizzazione dell’opera;
  • considerando che il rispetto delle prescrizioni minime atte a garantire un miglior livello di sicurezza e di salute sui cantieri temporanei o mobili costituisce un imperativo al fine di garantire la sicurezza e la salute di lavoratori;

Nel recepimento italiano, ad oggi occorre fare riferimento al quadro normativo del Titolo IV del D.Lgs.81/08 e risulta chiaro che a norma di quanto previsto all’art.90, nelle fasi di progettazione dell’opera, il committente, oppure ove nominato del Responsabile dei Lavori, DEVE ATTENERSI ai principi e alle misure generali di tutela di cui all’articolo 15 del  medesimo novellato normativo ed in particolare:

  • al momento delle scelte architettoniche, tecniche ed organizzative, onde pianificare i vari lavori o fasi di lavoro che si svolgeranno simultaneamente o successivamente;
  • all’atto della previsione della durata di realizzazione di questi vari lavori o fasi di lavoro.
  • prende in considerazione i documenti di cui all’articolo 91, comma 1, lettere a) e b) ovvero il Piano di sicurezza e Coordinamento (PSC) ed il Fascicolo dell’Opera (FO) redatti dal CSP, quando nominato nei casi previsti.

Occorre porre attenzione ad un fatto fondamentale: il governo del coordinamento è sicuramente previsto con il CSP prima e CSE poi nei casi in cui siano previste più imprese esecutrici anche non contemporanee in cantiere; in particolare il CSP con il PSC governerà le interferenze e coadiuverà il committente ed il progettista nelle scelte progettuali, architettoniche, organizzative di pianificazione della durata, tenendo conto di tutti gli aspetti della progettazione e fino alle previsioni di collaudo dell’opera. Ma nel caso di presenza di unica impresa affidataria ed esecutrice, per il quale non è prevista la nomina del CSP e del CSE, restano in ogni caso i primi due punti, ovvero, l’integrazione della sicurezza nella progettazione resta obbligo del Committente che dovrà realizzarla, in tal caso, tramite l’esclusivo apporto del progettista, in quanto sarà l’attore univoco che dovrà coadiuvare lo stesso nelle scelte e le previsioni inerenti l’opera da realizzare. È evidente che nel caso di presenza di unica impresa quello che cambia è certamente l’assenza di una necessità di “coordinamento” di attività e lavorazioni interferenti, che sono generate invece dalla co-presenza, nello spazio e nel tempo, di più soggetti, ma non è mai messa in discussione la necessità di provvedere alla concreta integrazione nella progettazione di scelte e modalità prevenzionali, ma soltanto le modalità e gli attori da coinvolgere.

Dal punto di vista strettamente normativo, l’intervento fondamentale del CSP fin dalla fase di progetto è conseguenza di quanto previsto sempre all’art.90 del D.Lgs.81/08 a carico del committente o del responsabile dei lavori ove nominato, in attuazione del comma 3, sanzionato penalmente al successivo art.157 comma 1 lett.a), ove viene riportata la seguente prescrizione:

“Nei cantieri in cui è prevista la presenza di più imprese esecutrici, anche non contemporanea, il committente, anche nei casi di coincidenza con l’impresa esecutrice, o il responsabile dei lavori, contestualmente all’affidamento dell’incarico di progettazione, designa il coordinatore per la progettazione.”

Pertanto il normatore ha ben specificato l’esatto momento temporale in cui si deve avviare l’azione del CSP per lo svolgimento del proprio ruolo, ovvero contestualmente all’attività del progettista! E tale puntualizzazione “temporale” deve essere attuata nella chiave di lettura di quanto precedentemente esposto, in coerenza ed aderenza all’insieme dei “considerando” della direttiva europea, la stessa che chiede una preventiva pianificazione dei lavori all’atto della progettazione al fine di ridurre gli infortuni sul lavoro.

Unica eccezione reale è rilevabile con l’art.90 comma 11 del D.Lgs.81/08 che riporta quanto segue:

“La disposizione di cui al comma 3 [la nomina del CSP nei casi previsti] non si applica ai lavori privati non soggetti a permesso di costruire in base alla normativa vigente e comunque di importo inferiore ad euro 100.000. In tal caso, le funzioni del coordinatore per la progettazione sono svolte dal coordinatore per la esecuzione dei lavori.”

Occorre però evidenziare quanto tale previsione sia in contrasto con quanto specificato e con la stessa Direttiva 92/57/CEE in quanto rappresenta una clausola di esenzione dalla nomina del CSP, spostando quindi l’attuazione di quanto previsto per tale ruolo sulla figura del CSE, quindi in una fase in cui il progetto potrebbe già essere realizzato. È vero che parliamo in ogni caso di lavori di piccola entità trattandosi di una condizione applicabile solo ove si verificano contemporaneamente due condizioni, l’assenza di un titolo di permesso a costruire e comunque importo lavori inferiore a 100.000 euro, ma è anche vero che in tali tipologie di lavori, non è escluso a priori la possibilità di dover fare scelte tecniche, progettuali ed organizzative che nella fase esecutiva potrebbero rappresentare un problema nella stesura del PSC “a giochi fatti”. Pertanto sarebbe auspicabile che nel prossimo futuro tale “apparente” semplificazione venga eliminata, in quanto in palese contrasto con i principi fin qui esposti e a parere del sottoscritto che genera solo ulteriore confusione in un quadro già complesso di suo.

Aspetti di natura organizzativa e scelte della progettazione

Quanto si disquisisce su aspetti di sicurezza “integrati” nel progetto, non si intende il mero e solo elemento “collaborativo” tra CSP e progettista sulle scelte architettoniche e tecniche (ovvero, in che modo quella scelta architettonica o tecnica propria del progettista può concretamente essere realizzata in cantiere nel rispetto dei criteri generali dell’art.15 del D.Lgs.81/08 e con l’eliminazione, oppure ove non è possibile, riduzione dei rischi da interferenza tra lavorazioni), ma anche quelle di natura organizzativa sulla logistica del cantiere, aspetto che è comunque trasversale alle stesse fasi lavorative previste dal cronoprogramma dei lavori. Per esempio, lo stesso layout di cantiere, che è un elemento minimo che deve essere contenuto all’interno del PSC in base a quanto previsto dall’Allegato XV del D.Lgs.81/08, non è totalmente svincolato dalle indicazioni del progettista, ovvero, gli stessi vincoli di esercizio da imporre ad un layout potrebbero influenzare le decisioni in merito alla previsione della durata di realizzazione dell’opera. Un esempio potrebbe essere la scelta della posizione e della dimensione da destinare alle aree di stoccaggio dei rifiuti di cantiere, che può dipendere direttamente dalle modalità di lavoro scelte dal progettista e dalla suddivisione tempistica delle attività. Ad esempio, la costruzione di una galleria, realizzata con metodologia drill & blast, tra le varie problematiche, prevede il calcolo dei quantitativi di smarino giornaliero il cui materiale dovrà essere stoccato temporaneamente in cantiere anche al fine di effettuare tutte le procedure di caratterizzazione prima della destinazione a rifiuto. Vien da sé che la quantità giornaliera, dipendente sia dalla metodica impiegata che dalle tempistiche imposte, influenzerà la scelta della dimensione minima delle aree di stoccaggio (oltre che alla loro posizione, diciamo anche in coerenza con le norme speciali applicabili, vedasi per esempio il DPR320/56). È evidente, quindi, che solo una corretta sinergia e interlocuzione tra CSP, progettista e committente, potrà condurre alla scelta corretta tanto delle aree da destinare allo stoccaggio temporaneo quanto della tempistica di esecuzione degli scavi, in coerenza con le necessità della stazione committente. Ciò significa che il CSP e l’ufficio di progettazione dovranno operare insieme, scambiandosi tramite opportune riunioni di coordinamento le ipotesi di lavoro e le possibili soluzioni. Per esempio, nel caso di specie, l’ufficio di progettazione informerà il CSP su una possibile ipotesi di avanzamento del fronte di scavo in relazione alle informazioni ricavate dalle indagini geologiche, fornendo i quantitativi previsti di metri cubi di materiale escavato giornalmente con l’avanzare delle attività, nel mentre il CSP verificherà che le aree che potranno essere messe a disposizione dalla committenza siano sufficienti a garantire lo stoccaggio temporaneo per il numero di giorni minimo necessario a consentire

  • la caratterizzazione dei materiali (ove necessario, anche considerando i tempi del più vicino laboratorio attrezzato);
  • ad avere uno spazio sufficiente per garantire la realizzazione di cumuli di escavato che mantengano il naturale declivio coerente con la tipologia di materiale;
  • ad avere spazi sufficienti per garantire l’accesso e l’uscita dei mezzi di cantiere e per svolgere le manovre in sicurezza;
  • ad avere comunque una zona ulteriore per gestire eventuali imprevisti o ritardi (zona tampone) al fine di non consentire la riduzione dei minimi livelli di sicurezza stabiliti

Le soluzioni da adottare dovranno ovviamente conciliarsi anche con la necessità di avere ulteriori aree di stoccaggio materiali di risulta di cantiere, aree per stoccaggio attrezzature, materiali infiammabili, ecc.

La soluzione trade-off tra CSP, progettista e Committente rappresenterà la migliore scelta organizzativa possibile in quel contesto di cantiere nel pieno rispetto dei criteri di sicurezza unitamente a quelli tecnici, architettonici ed economici della stazione appaltante.

Ove ciò non dovesse accadere, con il CSP ed il progettista che operano in parallelo senza mai confrontarsi, si correrebbe il rischio concreto da una parte di prevedere una logistica di cantiere completamente avulsa dalle reali necessità di escavazione, con enormi problemi derivanti o dalla necessità di individuare in emergenza ulteriori spazi in cantiere, a scapito di altre lavorazioni e quindi a svantaggio di sicurezza, o comunque di dover allungare inevitabilmente i tempi di lavorazione, con tutte le conseguenze derivanti sia dall’aumento dei costi di impresa che dall’inevitabile necessità di trovare soluzioni alternative in deroga che molto spesso portano alla riduzione dei livelli minimi di sicurezza.

Figura 2Esempio di possibile prima schematizzazione da parte del CSP delle aree di cantiere al fine di dimensionare le zone di deposito utili ad attività di costruzione di una galleria con lavori in sotterraneo a seguito di coordinamento con l’ufficio di progettazione

Figura 3Effetto in fase di esecuzione del sottodimensionamento delle aree destinate allo stoccaggio di materiali di escavazione con invasione delle zone destinate alla viabilità di cantiere

Naturalmente i criteri dell’esempio illustrato sono estensibili a qualsiasi ulteriore ipotesi di scelta progettuale, da declinarsi caso per caso alle specificità non solo delle esigenze di committenza, ma anche di quelle degli scenari di lavoro concretamente realizzabili, perché progetto e sicurezza devono essere sempre due facce della stessa medaglia.

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